D’estate succedono cose meravigliose. Può accadere, per esempio, che una serie di gite al mare possa cambiare le sorti e gli equilibri all’interno di un gruppo di giovani e giovanissimi che per mesi hanno condiviso il loro tempo, senza riuscire a trovare la formula giusta per trovarsi e ritrovarsi.
È successo a tre sorelle che frequentano il Polo educativo Spazio 47 – Fondazione Èbbene – Fondazione Stella Polare, che ha la sede a San Cristoforo, storico quartiere catanese, e che per l’estate ha organizzato un ricco calendario di eventi e gite fuori porta. Hanno 9, 11 e 13 anni e quando le operatrici di Spazio 47, Hub di Prossimità della Fondazione Èbbene, sono entrate al centro di Prossimità di via Villascabrosa, le tre ragazzine erano già inserite nel gruppo seguito da Stella Polare.
«Siamo entrate nelle loro vite in punta di piedi – raccontano - abbiamo subito notato in loro un certo distacco nei confronti del gruppo e la mancata volontà nel partecipare alle attività proposte, giustificati dal fatto che si sentivano costantemente esposte al giudizio altrui». Così le operatrici si sono confrontate sul modo migliore per affrontare la situazione e colmare queste distanze, scegliendo di adottare un approccio osservativo per conquistare la loro fiducia.
«Dopo esserci fatte un’idea più chiara sulle dinamiche del gruppo siamo intervenute offrendo alle sorelle il nostro supporto e insieme siamo riuscite a sradicare i pregiudizi, che a volte erano reali e altre volte erano solo percepiti dal resto del gruppo. Con delicatezza abbiamo iniziato a conoscerle e abbiamo cercato di capire quali fossero le loro emozioni quando si trovavano in gruppo. Instaurando un rapporto di fiducia con loro, abbiamo mediato tra quest’ultime e gli altri ragazzini. Come? Abbiamo fatto capire alle sorelle che come si aprivano con noi potevano farlo anche con gli altri ragazzini».
E le tre sorelle, che hanno subito notato il rapporto che gli altri avevano con le operatrici, si sono rese conto che potevano contare su quelle ragazze, che oggi vedono come sorelle maggiori. «Ciò che rende questa storia meritevole di essere raccontata, a nostro avviso, è soprattutto l'atto rivoluzionario compiuto dalle ragazzine nel decidere di mettersi in gioco accettandosi e mostrando le loro qualità. Dovreste vedere l'entusiasmo che traspare oggi dai loro occhi», aggiungono con una punta d’orgoglio le operatrici, soddisfatte per il lieto fine. «Tramite il gioco – chiariscono - all'interno del gruppo si è rafforzato il valore della collaborazione e tutti hanno compreso il fatto che, a volte, si fa resistenza di fronte a una situazione nuova. Ma bisogna lasciarsi andare e dare il tempo alle persone di conoscersi meglio».