«Caro papa Francesco...», e via di getto: spazio ai sentimenti, lo studio, l’amore per la famiglia, la ricerca della felicità. Ma anche alla rabbia per le contraddizioni del mondo di oggi, i dubbi e le delusioni, le critiche alla Chiesa quando sembra distante dalle persone. Decine di messaggi arrivati in pochi giorni: il social wall di Avvenire, un colore per ogni post o tweet con l’hashtag #alpapadirei è un caleidoscopio pieno di voci, pensieri, parole. Luisa, 19 anni, scrive: «Abbiamo bisogno che qualcuno ascolti la sete di vita e di sogni che abbiamo sigillata nel cuore ma di cui nessuno si prende cura».
«Caro papa Francesco, penso che siamo una generazione che ha tutto a portata di mano e se qualcosa non è ottenuta subito ci si demoralizza». ammette Luca, 17 anni. Asia, che ne ha solo 15, dà in poche parole uno spaccato della sua età: «Vorrei chiederti perché è così difficile essere adolescente e avere grande fede allo stesso tempo». «Parlo ma pochi mi capiscono, sono disabile nel fisico ma la mia vita è il sogno più bello che si possa fare», dice Lorenzo, 20 anni.
In meno di un mese, i messaggi raccolti attraverso Facebook e Twitter e pubblicati su una pagina speciale di Avvenire.it sono stati una risposta viva e in tempo reale all’invito espresso da papa Bergoglio l’anno scorso, presentando ai giovani il documento preparatorio del prossimo Sinodo dei vescovi di ottobre: «La Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche».
E’ nata così una vera e propria bacheca di messaggi diretti (eccezion fatta per i testi contenenti offese o un linguaggio contrario alle regole della discussione civile), senza alcuna censura per i pensieri «scomodi». «Una Chiesa secolarizzata e indisciplinata non offre ai giovani una roccia a cui aggrapparsi, ma uno specchio in cui guardarsi», scrive Angelo, 22 anni. Cristina, 38, racconta di un’esperienza negativa: «#alpapadirei di educare i sacerdoti ad accogliere chi, come me, per cause di forza maggiore non ha potuto sposarsi in Chiesa invece di far loro pronunciare la frase "per la Chiesa voi non siete una famiglia"».
C’è anche tanta attenzione all’attualità, e al «caos di valori» di oggi, nei messaggi dei giovani: per Alessandro, 25 anni, «il problema più grande riguarda il nostro pianeta che a poco a poco sta sprofondando sotto i colpi che ogni giorno noi esseri umani gli infliggiamo». Per Diego «c’è bisogno di placare le inquietudini e le incertezze che arrivano anche dal mondo della tecnologia con la saggezza di un sapere millenario». Mentre Eleonora scrive al Papa: «Vorrei dirti che mi sento impotente di fronte al pianto dei bambini messicani in gabbia. Sono una mamma e le mamme si sentono mamme di tutti i bambini del mondo». Francesco Davide, è un 23enne che si sente «orfano di adulti»: «Spero - dice - che il Sinodo verso cui andiamo incontro aiuti noi ragazzi a risentirci linfa vitale di una comunità che troppe volte vediamo inaccessibile e per la quale proviamo disagio».
Scrivere di se stessi e raccontare come si vorrebbe il mondo, sui social network o componendo un graffito virtuale su un «muro» (reale come oggi un social wall sa essere) è un’azione che conquista anche gli adulti: come Maria Giovanna, 70 anni, che un pomeriggio di luglio, leggendo Avvenireonline e scoprendo, lì in alto, la sezione #alpapadirei ha digitato dal suo pc: «Mi sento giovane, perché amo la vita».
Giovani - e meno giovani - ci sono. Hanno tanto da dire e vorrebbero farsi sentire. Basta ascoltarli. Il Papa, aspettando il Sinodo, ha aperto loro le porte della Chiesa. Laura, 26 anni, lo riassume così: «È splendido che la Chiesa abbia deciso di dedicare un Sinodo ai giovani. Vivo questo come un tempo di grazia e di riflessione. Sapere che ci sono tanti giovani che seguono questo evento, mi fa pensare che la nostra Chiesa è ancora più unita. Siamo giovani coraggiosi, che amano vivere e non si accontentano di vivacchiare...».
Fonte: Avvenire.it