
Serve ancora il Terzo Settore? La risposta è ovvia, ma non è scontata. Non lo è perché il modo "nazional popolare" con cui finora si è raccontato ha dato gioco facile ai suoi avversari. Serve dunque «un nuovo storytelling, scientifico e rigoroso», precisa Valerio Melandri, fondatore del Festival del Fundraising.
Tante le sfide, tante le proposte affrontate oggi al NonProfitDay, la giornata organizzata in collaborazione con Il Sole 24 ore proprio dal Festival del Fundraising che si terrà dal 13 al 15 maggio 2020. Tra queste sfide, quella cruciale è sullo spazio.
La giornata del non profit è stata aperta dalla lectio di Stefano Zamagni che si è interrogato sulla necessità di ridisegnare lo spazio dell’agire sociale. Nell’epoca della quarta rivoluzione industriale, dove tecno-ottimisti e tecno-pessimisti si scontrano sul futuro del lavoro, il Terzo settore, ha esordito Zamagni, «può dimostrarsi in grado di essere competitivo, creando occupazione in un mercato sempre più basato su beni relazionali».
Un terzo settore in cerca di spazio
Un Terzo settore che, oggi più che mai, davanti alla sfida tecnologica da un lato e della crescente disuguaglianza economica dall’altro deve ritagliarsi il proprio spazio.
Per farlo, «bisogna smettarla con l’elemosina e bisogna passare alla beneficientia. Lo capirono i cistercensi, che lo scrivono nella loro Charta Caritatis del 1098. Ma che cosa significa fare beneficientia? Significa fare il bene, uscendo dal paternalismo. Significa innovare». Continua a leggere la notizia, clicca qui.
Fonte: Vita Non Profit