Gilet gialli, pastori sardi che sversano il latte, lavoro precario o povero, Italia ultima della classe in Europa. Il Paese ha bisogno oggi più che mai di più economia civile. Una missione che dovrebbe pertanto accomunare tutti coloro che operano nel sociale dovrebbe essere oggi quella di impegnarsi nella cultura e nella comunicazione per affermare un’idea diversa e migliore di Paese.
Sappiamo di vivere in un sistema economico che mette al centro il benessere del consumatore e il massimo profitto dell’impresa. Un sistema che ha creato progressi spettacolari in alcuni ambiti (qualità dei consumi, aspettativa di vita) ma che oggi presenta tutti i suoi limiti e contraddizioni su altri fronti (diseguaglianze, insostenibilità ambientale e soprattutto scarsa qualità e dignità del lavoro). Se ne esce certo individualmente (la spinta a formazione, innovazione per risalire la scala del valore deve essere pressante) ma anche assieme perché è urgente ed indifferibile una ricetta per aiutare chi non ce la fa o è ai margini.
L’economia civile indica un percorso molto chiaro che passa attraverso una visione diversa di persona, impresa, valore e politica economica. I cittadini dell’economia civile sono quelli dell’1+1=3 che hanno capito come integrazione, accoglienza, cooperazione tra diversi producono superadditività (più di quello che saremo stati capaci di fare separatamente da soli). Nell’avere storicamente capito o no questa lezione sta anche il segreto del successo o del fallimento economico e sociale di territori e regioni del nostro Paese. Le imprese dell’economia civile sono biodiverse, più ambiziose, non guardano solo al profitto ma anche all’impatto sociale. muovono verso l’ibridazione e rifuggono da quell’economia a due tempi e a compartimenti stagni (il profit ricco e cattivo, il non profit povero [...] per continuare a leggere l’articolo, clicca qui.
Fonte: Vita.it