Sono diventati il simbolo del lavoro che cambia e che va tutelato. I rider, i fattorini in bicicletta o in scooter che consegnano a casa dal cibo alle sigarette, sono al centro del dibattito sul lavoro che cambia. Baule colorato in spalla, inforcate le bici, fanno ormai parte dell’orizzonte di molte grandi città italiane. E mentre il governo ha avviato un tavolo di trattativa nazionale con aziende, sindacati e rappresentanze autonome dei lavoratori alla ricerca di nuove modalità contrattuali che possano garantire maggiori tutele, in molte città italiane ci si sta già attrezzando a livello territoriale per garantire la sicurezza e migliorare il lavoro dei rider.
La prima città a dotarsi di una Carta dei diritti dei rider è stata Bologna, sotto la spinta di Riders Union, organizzazione autonoma dei fattorini. Il testo prevede un compenso non inferiore ai minimi tabellari previsti dai contratti collettivi. E introduce nuove tutele: indennità integrativa per lavoro notturno, festivo e condizioni meteo sfavorevoli, obbligo dell’assicurazione e dieci ore di permessi sindacali retribuiti.
La città meneghina, patria del food delivery con oltre 3mila rider, ha proposto anche la dotazione di un "patentino" per questi lavoratori. Sotto la Madonnina, i rider auto-organizzati hanno chiesto e ottenuto un tavolo di discussione con aziende, sindacati e Comune. Che ha anche inaugurato - prima iniziativa di questo tipo in Italia - uno sportello dedicato all’ascolto, alla formazione e alla consulenza gratuita sui temi della sicurezza stradale e dei diritti del lavoro rivolto ai fattorini, che va ad aggiungersi agli sportelli già aperti dai sindacati.
L’apertura dello sportello è anche affiancata dal lancio di una campagna di comunicazione ideata dagli studenti della scuola arte e messaggio del Comune di Milano, mirata soprattutto ai temi della sicurezza. A partire da settembre, poi, il Comune proporrà anche percorsi formativi gratuiti. I corsi spazieranno dalla sicurezza stradale, alla sicurezza sul lavoro e alle norme basilari igienico-sanitarie per il trasporto degli alimenti. Nell’attesa della definizione dell’inquadramento contrattuale, come «principale amministrazione locale interessata al fenomeno del food delivery - ha detto Tajani - intendiamo offrire uno sportello in cui trovare ascolto delle singole esigenze».
Intanto, anche a Roma, sul modello bolognese, è nato il Riders Union, sindacato dei fattorini romani. Subito chiamati a partecipare ai tavoli della Regione Lazio, la prima ad approvare a giugno una legge propria sulle tutele dei rider. Dopo una serie di consultazioni con aziende, fattorini e sindacati, è stato dato il via libera a un pacchetto normativo di tutele dei lavoratori, dalla salute alla sicurezza. Affiancato poi da una anagrafe online a cui sia i rider sia le piattaforme digitali possono iscriversi.
La legge, nelle intenzioni della giunta, garantisce maggiori diritti e tutele ai fattorini, e soprattutto sancisce che debbano essere pagati su base oraria, e non sul numero di consegne. Resterebbero dunque lavoratori autonomi, ma le società del food delivery come Foodora e Deliveroo dovrebbero stipulare a proprio carico delle assicurazioni per i rider, contro infortuni, malattie professionali, danni a terzi, maternità e paternità. Il testo deve essere ancora approvata dal Consiglio.
Ma c’è il problema che una legge regionale di questo tipo viola l’articolo 117 della Costituzione, che prevede che sia lo Stato, e non le regioni, ad avere competenza esclusiva su questa materia. E lo stesso problema si presenterebbe in Lombardia, dove la Regione ha avviato pure la discussione per una legge regionale che riguarda i fattorini, consultando le aziende e diversi avvocati esperti di diritto del lavoro.
Intanto, a livello nazionale, dopo le prime tensioni tra esecutivo e aziende di food delivery, è emersa la strada dell’avvio della concertazione con le società e le rappresentanze sindacali dei fattorini, confederali e non. E l’idea venuta fuori dal primo tavolo è quella di un contratto collettivo nazionale per i rider. Come Stato, ha detto il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, «tocca a noi stabilire che cosa è il lavoro legale e che cosa non lo è. È questo passa attraverso un dialogo, una concertazione a oltranza». Le città, però, nel frattempo hanno già tracciato la strada.
Fonte: Morning FutureFonte foto: Vita.it