Nel cuore del centro storico di Palermo, nel quartiere Ballarò, opera l’Associazione “Apriti Cuore Onlus” attiva dal 1999 sul territorio cittadino, dal 2019 divenuta Centro di Prossimità della Fondazione Èbbene. Apriti Cuore fa dell’approccio di Prossimità una caratteristica trasversale a tutte le iniziative e i progetti che porta avanti. Vengono accolte le richieste di chi esprime un bisogno o chi si trova in condizione di vulnerabilità, di fragilità come migranti, disabili, minori, persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, persone senza dimora.
Oggi abbiamo scelto di raccontare l’esperienza di “ Casa Apriti Cuore”, uno dei nostri luoghi di Prossimità. Essa è nata dall’esigenza di donare un luogo protetto in cui sperimentare l’autonomia e quindi fornire un’opportunità ai ragazzi e le ragazze che hanno completato positivamente il loro percorso in comunità per minori. La casa risponde al bisogno non solo del riparo materiale, ma anche a quello della sicurezza e dell’appartenenza ad un territorio. Partendo proprio da questo bisogno primario abbiamo pensato di offrire loro questa opportunità “di avere una casa”.
La condizione di fragilità e di non autonomia, sempre più frequente nel contesto sociale attuale, da un lato evidenzia come il compimento del 18esimo anno di età corrisponda sempre meno al raggiungimento di uno status di maturità ed autonomia, dall’altro manifesta come questa condizione sia connessa con la difficoltà dei giovani di reperire contesti abitativi adeguati alle loro possibilità economiche ed inseriti nel territorio urbano. Infatti, anche quando questi ragazzi riescono a entrare nel mondo del lavoro, attraverso progetti di tirocini formativi e/o borse lavoro quanto guadagnano è insufficiente a sostenere le spese di una vita autonoma.
La chiave di svolta per passare da un approccio assistenzialistico ad un approccio in cui il protagonista è il giovane che si rende partecipe del suo progetto di vita. Gli operatori allora diventano come diceva Baldascini quel sistema di adulti con i quali confrontarsi durante il loro percorso di crescita. Compito dell’operatore in questa delicata fase di vita del ragazzo è quello di “Accompagnare”, non portare la persona, “camminare insieme” ma non sovrapporsi, non decidere al posto dell’altro.
Avere una casa da abitare e non dove stare cambia la prospettiva di una persona. Tra stare e abitare c’è una grande differenza. Lo stare ha a che fare con una scarsa proprietà dello spazio da parte di un individuo, con una anonimia dello spazio rispetto a quell’individuo che su detto spazio non ha potere decisionale, né materiale. L’abitare ha a che fare con un grado sempre più evoluto di proprietà dello spazio in cui si vive, con un grado più elevato di contrattualità rispetto all’organizzazione materiale e simbolica degli spazi e degli oggetti. Contrattazione e progettualità sono fattori cruciali dell’abitare. Avere una casa significa avere una residenza anagrafica con tutto quello che ne comporta in termini di accesso ai servizi. La possibilità di abitare fissando la propria residenza anagrafica nell’appartamento vuol dire un altro passaggio cruciale nella vita di questi ragazzi, che non vengono più definiti “ospiti” ma appunto “residenti”.
Dal 2018 così nasce “Casa Apriti cuore”. I giovani che abitano l’appartamento sono in grado di gestirsi in autonomia tempi e spazi. Ognuno ha un lavoro, che gli permetta di far fronte al pagamento delle utenze, a mantenere un buon rapporto con i condomini e nel tempo libero trovano gli spazi per dare una mano in Associazione, chi curando lo spazio verde, chi con la distribuzione della spesa, chi svolgendo attività di mediazione allo sportello di prossimità. È il loro modo per ricambiare l’aiuto che stanno ricevendo, tendendo una mano a chi è nel bisogno. “Nessun uomo è un isola, intero per se stesso, ogni uomo è un pezzo del continente, parte della terra intera” ( John Donne, Nessun uomo è un’isola).
Le operatrici di Prossimità:
Mariella Bisesi,
Maria Fontana,
Silvia Mercadante.