Aprire le porte ai bisogni, alle fragilità, alle richieste che vengono “dal basso”. Anche alle più difficili. È quello che fa ogni giorno, a Lentini, la Cooperativa Sociale Health&Senectus, centro di Prossimità della Fondazione Èbbene e socia del Consorzio Sol.Co., che da qualche mese ha preso in carico un caso molto delicato.
Ne hanno parlato giornali, tg e programmi televisivi: lo scorso marzo, proprio a Lentini, c’è stato un caso di femminicidio. Un uomo, dopo aver mandato il figlio a sbrigare delle commissioni, ha ucciso la moglie di origini marocchine. Una storia di degrado, da quanto si apprende dai titoli dei giornali, dal quale è emerso che l’uomo facesse abuso di alcol e uso di sostanze stupefacenti.
La vittima era molto inserita nel contesto territoriale, una donna intelligente ed espansiva, come raccontano gli utenti del Centro di Prossimità H&S che la conoscevano e la frequentavano. Perché in un piccolo contesto come quello del paesino, i vicini sostituiscono un po’ la famiglia, gli affetti, come conferma Gaia Barresi, responsabile del CdP, che a maggio ha accolto il figlio della coppia tramite una famiglia del quartiere molto legata al Centro di Prossimità.
«Il ragazzo ha 19 anni ed è rimasto completamente solo – racconta Barresi - rifiuta l’appoggio della famiglia del padre e ha un bisogno estremo in termini economici, di viveri, di pagamento di bollette. Un caso di marginalità estrema».
Dopo il colloquio di accoglienza, il Centro di Prossimità ha fornito un bagaglio iniziale per dare inizio al percorso di autonomia del giovane. «Quasi settimanalmente ci incontriamo, lui viene sempre accompagnato da gente del quartiere. Sono loro la sua famiglia adesso, mangia da loro e trascorre le sue giornate a casa dei vicini. Non riesce a stare in quella casa ormai colma di brutti ricordi e adesso, complice l’estate, sta fuori fino a tardi».
Con il ragazzo la Cooperativa sta portando avanti due percorsi paralleli: affiancato da Sara, operatrice dello sportello, sta lavorando sulla consapevolezza e l’orientamento su cosa vuole fare nella vita. «Aveva fatto domanda per entrare nell’arma, ma è stato tutto bloccato e ora che il suo sogno è svanito si sente smarrito. Ma ha studiato alla scuola alberghiera e noi puntiamo su questo bagaglio per inserirlo nell’ambito turistico, preparando con lui e per lui un curriculum da presentare alle aziende del territorio per renderlo autonomo tramite il lavoro. Lo stiamo seguendo anche per la pratica per ottenere il reddito di cittadinanza».
Gaia Barresi, invece, lo segue dal punto di vista del sostegno psicologico. «Dorme di giorno e vive di notte, soffre di depressione e la mia paura è che possa fare gesti estremi. Lavoriamo costantemente per alleviare il suo senso di solitudine, cercando di trasmettergli l’idea che il CdP è fatto da persone su cui può contare quando ha bisogno, che può essere, ed è, un punto di riferimento per lui».
Prima che la sua vita cambiasse improvvisamente, il ragazzo praticava atletica con un gruppo di semi professionisti. Da quel giorno non va più ad allenarsi, perché si vergogna di quello che è successo e pensa che gli altri possano giudicarlo. «Vogliamo metterci in contatto con la squadra, così come con i vicini di casa, per creare una vera e propria rete di protezione attorno a lui. Una rete consapevole, che sappia che il nostro aiuto va oltre il semplice pacco spesa o le bollette della luce», spiega Gaia Barresi, che aggiunge: «Il percorso è ancora lungo ed emotivamente mette a dura prova anche noi. Non capita tutti i giorni di incontrare persone con storie del genere alle spalle, esposte anche mediaticamente. Ma è una sfida che vogliamo affrontare con e per lui».