Da 35 anni la Cooperativa sociale Ausiliatrice agisce nel territorio di Montesilvano, a Pescara, per rispondere ai bisogni del territorio e di chi lo vive ogni giorno. Oggi Fondazione Èbbene la accoglie nella sua Rete Nazionale di Prossimità per lavorare in sinergia e rafforzare i servizi offerti con il metodo che da dieci anni mette in campo in tutta Italia.
«La Cooperativa sociale Ausiliatrice è nata nel 1988 da un gruppo di giovani che con il parroco della parrocchia di Villa Verrocchio di Montesilvano – un territorio ad alta incidenza di problemi dovuti a tossicodipendenza, marginalità e devianza – decide di rimboccarsi le maniche e mettersi all’opera per lavorare su aggregazione e animazione territoriale con uno slogan che recitava “Un quartiere che si fa comunità”», racconta Adelaide D’Amico, rappresentante della Cooperativa.
Ne sono passati di anni da quel momento, di attività, di persone. Oggi Ausiliatrice conta più di 20 tra dipendenti, soci e professionisti che si spendono per il territorio e per i più fragili, pensando e realizzando azioni che sanno di inclusione e futuro.
Dal centro di aggregazione per i minori e i giovani del quartiere a un’apertura sempre più ampia verso il mondo della disabilità con attività e laboratori dedicati a diversamente abili giovani e adulti, dall’associazione di volontariato che oggi conta più di cento adesioni a due comunità educative per adolescenti segnalati dai servizi sociali. Ma anche un centro d’ascolto per le difficoltà familiari, in cui si interviene con terapie e attività rivolte al recupero della dimensione genitoriale, e un centro diurno polifunzionale per diversamente abili e utenti psichiatrici svantaggiati dove afferiscono circa 50 famiglie. Lì si lavora con maestri d’arte e falegnami alla realizzazione di oggetti solidali che vengono venduti sul sito del Laboratorio Incontro.
Una Prossimità a 360°, che diventa col passare degli anni anche internazionale. «L’associazione si è avvicinata ai Padri Caracciolini e a un’associazione di volontariato che opera in Burundi – spiega Adelaide D’Amico - con loro abbiamo progettato vari interventi, come la costruzione di un orfanotrofio in Congo».
La mission, da ormai 35 anni, è sempre la stessa: intercettare i bisogni del territorio e attivarsi per trovare una soluzione, intervenendo per e con le persone. «Quando abbiamo conosciuto la Fondazione Èbbene l’abbiamo sentita molto vicina e abbiamo deciso di entrare nella Rete adottando il suo metodo della Prossimità».
35 candeline, quale desiderio da esprimere per il futuro? «Sicuramente nuovi centri di aggregazione per i giovani, perché dopo il Covid il bisogno emerso dal territorio è proprio la mancanza di luoghi di condivisione. Lavoreremo su questo e su un centro per donne con difficoltà, donne sole con minori, che possiamo accompagnare all’autonomia. È sempre quello l’obiettivo finale. Non assistere, ma costruire un percorso di autonomia lavorativa, relazionale, sociale».